Dovere di iconoclastia.
Il primo passo verso il cambiamento è senza ombra di dubbio la conoscenza della realtà. Nella maggior parte delle entità economiche, per i prossimi anni le ristrutturazioni aziendali prevedono tagli di personale lavorativo. Infatti, la crescente tecnologia, con l’inevitabile aumento di produttività non supportato da un altrettanto aumento proporzionato alla massa di merce prodotta dei consumi, crea una crisi di sovrapproduzione. Ormai, per chi non è del tutto ottenebrato dagli eventi, appare evidente l’incongruenza tra lo stato attuale di cose e i limiti oggettivi ambientali, sociali, strutturali che stridono sempre più con gli interessi dei pochi sui molti. Se procediamo nell’ analisi, si discerne che il nostro stile di vita è del tutto illogico, un’anomalia di circa 800 milioni di persone sui restanti 6 miliardi . Non partire da questo presupposto, significa omettere una importante verità dai risvolti morali. Con tutto ciò alcuni promotori incalliti del dogma chiamato prodotto interno lordo, affermano che all’evidente saturazione del mercato nelle cosiddette economie avanzate, si possa sopperire con la crescita delle economie più deboli o definite in via di sviluppo. Qui, almeno per me, aprendo una piccola parentesi nasce il dovere di critica all’idea di sviluppo dominante. La globalizzazione capitalista, nella sua egemonizzante cultura al consumo, sta progressivamente distruggendo le varie ricchezze locali ambientali e soprattutto culturali, in nome di un progresso fondato sulla desertificazione dei rapporti umani e la progressiva disumanizzazione, la subordinazione dell’uomo al capitale e alla libera circolazione delle merci. In questo contesto, aggravato da una società sempre più individualista e di conseguenza antagonista, il singolo si ritrova impaurito, in balia degli eventi, è l’unica via di uscita per fuggire alla propria impotenza sembra essere il conformarsi alla massa. Conseguenza di tutto ciò è l’essere umano che cessa di essere fine, per diventare un ingranaggio utile al buon funzionamento di un sistema nel quale è costretto a perseguire interessi addirittura contrari ai suoi. Questo stolido stato di cose, non può far altro che creare sfruttamento, disoccupazione e guerre per accaparrarsi le ultime risorse ambientali disponibili. Dal canto mio invece, in contrasto con tutto ciò, parto dall’assioma che il vero sviluppo passa attraverso una reale crescita umana e culturale della società tutta, la ricerca del bene comune data dalla partecipazione collettiva e da un’economia che serva a garantire i bisogni reali, e non indotti, di tutti i cittadini. Ritornando al discorso originale, è del tutto incosciente credere che le sei miliardi di persone popolanti la terra, possano permettersi tutte uno stile di vita simile al nostro. Se già il 21 settembre dello scorso anno, è stata superata la capacità del pianeta di rigenerarsi , questo vuol dire che abbiamo fatto i restanti tre mesi dell’anno a vivere usurpando le generazioni future di ciò che le spetta.
Il sistema è in crisi strutturale dal punto di vista ambientale e morale, i deliri della classe dominante potranno ritardare ma non evitare il declino che da tutto ciò ne deriverà. Il problema sta nell’affrontare questa involuzione: se come cittadini coscienti e partecipi, oppure lasciandosi guidare da un processo eteronoma ancora una volta spettatori di scelte che potrebbero portare all’inevitabile autodistruzione per incompatibilità logica con l’ecosistema del quale l’essere umano, volente o nolente, fa parte.
Il primo passo verso il cambiamento è senza ombra di dubbio la conoscenza della realtà. Nella maggior parte delle entità economiche, per i prossimi anni le ristrutturazioni aziendali prevedono tagli di personale lavorativo. Infatti, la crescente tecnologia, con l’inevitabile aumento di produttività non supportato da un altrettanto aumento proporzionato alla massa di merce prodotta dei consumi, crea una crisi di sovrapproduzione. Ormai, per chi non è del tutto ottenebrato dagli eventi, appare evidente l’incongruenza tra lo stato attuale di cose e i limiti oggettivi ambientali, sociali, strutturali che stridono sempre più con gli interessi dei pochi sui molti. Se procediamo nell’ analisi, si discerne che il nostro stile di vita è del tutto illogico, un’anomalia di circa 800 milioni di persone sui restanti 6 miliardi . Non partire da questo presupposto, significa omettere una importante verità dai risvolti morali. Con tutto ciò alcuni promotori incalliti del dogma chiamato prodotto interno lordo, affermano che all’evidente saturazione del mercato nelle cosiddette economie avanzate, si possa sopperire con la crescita delle economie più deboli o definite in via di sviluppo. Qui, almeno per me, aprendo una piccola parentesi nasce il dovere di critica all’idea di sviluppo dominante. La globalizzazione capitalista, nella sua egemonizzante cultura al consumo, sta progressivamente distruggendo le varie ricchezze locali ambientali e soprattutto culturali, in nome di un progresso fondato sulla desertificazione dei rapporti umani e la progressiva disumanizzazione, la subordinazione dell’uomo al capitale e alla libera circolazione delle merci. In questo contesto, aggravato da una società sempre più individualista e di conseguenza antagonista, il singolo si ritrova impaurito, in balia degli eventi, è l’unica via di uscita per fuggire alla propria impotenza sembra essere il conformarsi alla massa. Conseguenza di tutto ciò è l’essere umano che cessa di essere fine, per diventare un ingranaggio utile al buon funzionamento di un sistema nel quale è costretto a perseguire interessi addirittura contrari ai suoi. Questo stolido stato di cose, non può far altro che creare sfruttamento, disoccupazione e guerre per accaparrarsi le ultime risorse ambientali disponibili. Dal canto mio invece, in contrasto con tutto ciò, parto dall’assioma che il vero sviluppo passa attraverso una reale crescita umana e culturale della società tutta, la ricerca del bene comune data dalla partecipazione collettiva e da un’economia che serva a garantire i bisogni reali, e non indotti, di tutti i cittadini. Ritornando al discorso originale, è del tutto incosciente credere che le sei miliardi di persone popolanti la terra, possano permettersi tutte uno stile di vita simile al nostro. Se già il 21 settembre dello scorso anno, è stata superata la capacità del pianeta di rigenerarsi , questo vuol dire che abbiamo fatto i restanti tre mesi dell’anno a vivere usurpando le generazioni future di ciò che le spetta.
Il sistema è in crisi strutturale dal punto di vista ambientale e morale, i deliri della classe dominante potranno ritardare ma non evitare il declino che da tutto ciò ne deriverà. Il problema sta nell’affrontare questa involuzione: se come cittadini coscienti e partecipi, oppure lasciandosi guidare da un processo eteronoma ancora una volta spettatori di scelte che potrebbero portare all’inevitabile autodistruzione per incompatibilità logica con l’ecosistema del quale l’essere umano, volente o nolente, fa parte.
Commenti
I miei più sentiti auguri Marco,porta avanti con forza e determinazione il programma che hai scritto nella tua stupenda lettera, di cui mi ha particolarmente colpito la frase che ho riproposto.
Buona domenica!
ps mi raccomando sempre a sinistra sinistra ;)
un caro saluto
Posso solo permetterrmi un consiglio da tua lettrice e ( se permetti) amica?
mettici il famoso "Yes we can", mettici la capacità di noi italiani di avere un pò di orgoglio nelle difficoltà,
mettici anche un pò di sana gioia nel credere che possiamo uscirne se partiamo con il piede giusto e cioè che c'a ancora qualcosa da salvare anche essendo flessibili e comprensivi,
mettici che è solo credendo che le cose possono migliorare non tanto con il sacrificio ma con la riscoperta del mal comune mezzo gaudio che possiamo diventare ottimisti e farcela,
mettici la concezione di libertà che vuol dire anche criticare,
mettici la verità di guardarsi negli occhi e non con il telefonino o con il msn,
e mettici i sogni, quelli che gli italiani non hanno più: giustizia meritocrazia,voglia di migliorare,
e tutte queste cose metticele ridendo, con la battuta pronta,
con la voglia di rischiare , e con tanta speranza.
Io vorrei sentire questo da un politico e anche se per te la mia voce è assolutamente ininfluente,lo so, mi fa piacere pensare che quelle bellissime e giustissime cose che hai scritto e che condivido in pieno siano poi quello che farebbero bene a tutti,con l'aggiunta di piccoli pensieri di chi come me ti ascolta con attenzione.
Un abbraccio