« Era giunta l'ora di resistere;
era giunta l'ora di essere uomini:
di morire da uomini per vivere da uomini. »
(Piero Calamandrei)
Sono passati molti anni ormai dalla fine della seconda guerra mondiale e, per molti italiani di oggi, giovani e non, il ricordo di quegli avvenimenti è sfuocato dal tempo e dal logorio di una vita frenetica, spesso superficiale, dove c’è poco spazio per la riflessione e la memoria storica.
Il 25 luglio 1943 il gran consiglio del fascismo aveva esautorato il suo duce, colpevole di aver condotto l’Italia in una guerra ingiusta e ormai chiaramente destinata alla sconfitta.
Era un tentativo piuttosto ipocrita di salvare se stesso e quello che restava della monarchia sabauda, legata a doppio filo da troppo tempo al delirio imperialistico e megalomane di Mussolini e del fascismo, che aveva portato la patria allo sfacelo morale e materiale.
Poi venne l’otto settembre; l’ambiguo governo Badoglio rendeva noto l’armistizio firmato con gli alleati e gli italiani gioirono credendo che quella dura guerra, che ormai si combatteva sul nostro suolo, fosse finita e con essa le loro sofferenze.
Ma così non fu. Semplicemente si dissolse lo stato. Complice una classe dirigente pavida e cialtrona che non seppe e non volle gestire quella pur tremenda e difficile fase, gli italiani - civili e militari – furono lasciati allo sbaraglio, senza nessuna direttiva, in balia dell’occupazione tedesca al centro nord e il fronte che avanzava con gli alleati da sud.
In questo contesto umiliante e sconfortante l’Italia era in ginocchio: non c’era speranza per un popolo che aveva subito la dittatura fascista, la guerra e adesso la catastrofe.
Ma non tutti gli italiani si arresero; qualcuno ebbe la forza e il coraggio di provare a riscattare la patria, di cercare rimedio alla colpa di un’ideologia – quella fascista – e di una guerra sbagliate e disumane, che avevano escluso gli italiani dal novero dei popoli civili e che li avevano, loro malgrado, resi complici del mortifero imperialismo nazista.
Così nacque, nella coscienza di quei patrioti che si accollarono il peso morale di un’intera nazione, il bisogno di riscatto: di giustizia e libertà; a qualsiasi costo. Così nacque la Resistenza.
Fu una scelta personale totalmente libera e tremendamente rischiosa: nessuno obbligava e tutto sembrava essere contro.
La Resistenza fu sostanzialmente questo: il coraggio e la dignità di riscattarsi dall’essere stati dalla parte sbagliata della storia, finalmente stanchi di aver accettato troppo a lungo l’ingiustizia.
Essa fu l’unione del vecchio e nuovo antifascismo, di una comune pur differente speranza di costruire una nuova Italia.
Gli anni seguenti furono molto duri, anche perché segnati dalla guerra civile contro i fascisti complici dell’oppressore tedesco, ma i partigiani riuscirono veramente grazie al loro eroismo e a costo di tante morti nel loro intento: fu grazie a loro che alla fine della guerra l’Italia fu trattata meno duramente dai vincitori alleati rispetto a Germania e Giappone, nonostante portasse come loro l’enorme responsabilità storica del più terribile e distruttivo conflitto che l’umanità avesse mai vissuto.
Fu grazie a loro che gli italiani poterono costruire la loro democrazia, ma il prezzo fu tremendo: in diciotto mesi di guerra resistenziale morirono 62.000 partigiani.
Il loro sacrificio sia ricordato; come esempio veramente glorioso di chi ha dato la vita perché il nostro futuro potesse essere migliore, di chi può essere ancora un esempio di dignità, coraggio, speranza; di chi rifiuta l’ingiustizia, allora, ora e sempre.
Viva la Resistenza! Viva i partigiani!
Cesare Battistelli
era giunta l'ora di essere uomini:
di morire da uomini per vivere da uomini. »
(Piero Calamandrei)
Sono passati molti anni ormai dalla fine della seconda guerra mondiale e, per molti italiani di oggi, giovani e non, il ricordo di quegli avvenimenti è sfuocato dal tempo e dal logorio di una vita frenetica, spesso superficiale, dove c’è poco spazio per la riflessione e la memoria storica.
Il 25 luglio 1943 il gran consiglio del fascismo aveva esautorato il suo duce, colpevole di aver condotto l’Italia in una guerra ingiusta e ormai chiaramente destinata alla sconfitta.
Era un tentativo piuttosto ipocrita di salvare se stesso e quello che restava della monarchia sabauda, legata a doppio filo da troppo tempo al delirio imperialistico e megalomane di Mussolini e del fascismo, che aveva portato la patria allo sfacelo morale e materiale.
Poi venne l’otto settembre; l’ambiguo governo Badoglio rendeva noto l’armistizio firmato con gli alleati e gli italiani gioirono credendo che quella dura guerra, che ormai si combatteva sul nostro suolo, fosse finita e con essa le loro sofferenze.
Ma così non fu. Semplicemente si dissolse lo stato. Complice una classe dirigente pavida e cialtrona che non seppe e non volle gestire quella pur tremenda e difficile fase, gli italiani - civili e militari – furono lasciati allo sbaraglio, senza nessuna direttiva, in balia dell’occupazione tedesca al centro nord e il fronte che avanzava con gli alleati da sud.
In questo contesto umiliante e sconfortante l’Italia era in ginocchio: non c’era speranza per un popolo che aveva subito la dittatura fascista, la guerra e adesso la catastrofe.
Ma non tutti gli italiani si arresero; qualcuno ebbe la forza e il coraggio di provare a riscattare la patria, di cercare rimedio alla colpa di un’ideologia – quella fascista – e di una guerra sbagliate e disumane, che avevano escluso gli italiani dal novero dei popoli civili e che li avevano, loro malgrado, resi complici del mortifero imperialismo nazista.
Così nacque, nella coscienza di quei patrioti che si accollarono il peso morale di un’intera nazione, il bisogno di riscatto: di giustizia e libertà; a qualsiasi costo. Così nacque la Resistenza.
Fu una scelta personale totalmente libera e tremendamente rischiosa: nessuno obbligava e tutto sembrava essere contro.
La Resistenza fu sostanzialmente questo: il coraggio e la dignità di riscattarsi dall’essere stati dalla parte sbagliata della storia, finalmente stanchi di aver accettato troppo a lungo l’ingiustizia.
Essa fu l’unione del vecchio e nuovo antifascismo, di una comune pur differente speranza di costruire una nuova Italia.
Gli anni seguenti furono molto duri, anche perché segnati dalla guerra civile contro i fascisti complici dell’oppressore tedesco, ma i partigiani riuscirono veramente grazie al loro eroismo e a costo di tante morti nel loro intento: fu grazie a loro che alla fine della guerra l’Italia fu trattata meno duramente dai vincitori alleati rispetto a Germania e Giappone, nonostante portasse come loro l’enorme responsabilità storica del più terribile e distruttivo conflitto che l’umanità avesse mai vissuto.
Fu grazie a loro che gli italiani poterono costruire la loro democrazia, ma il prezzo fu tremendo: in diciotto mesi di guerra resistenziale morirono 62.000 partigiani.
Il loro sacrificio sia ricordato; come esempio veramente glorioso di chi ha dato la vita perché il nostro futuro potesse essere migliore, di chi può essere ancora un esempio di dignità, coraggio, speranza; di chi rifiuta l’ingiustizia, allora, ora e sempre.
Viva la Resistenza! Viva i partigiani!
Cesare Battistelli
Commenti
Aggiungo Piero Calamandrei.
Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione.
Facendolo porprio quelli del pdl.
Patria. Patria significa voler far del bene al popolo. Non come loro. Che non sanno nemmeno dove finisce la loro libertà e il loro dovere.
Ti abbraccio (e anche i tuoi lettori)
sempre resistenza!
ora e sempre Resistenza!!!
hasta siempre!!!!