La nostra situazione inerme, con tutte le proporzioni naturalmente dovute al diverso contesto in cui avvengono, mi ricorda questo pezzo tratto da “ Se questo è un uomo” di Primo Levi.
“ Il mese scorso, uno dei crematori di Birkenau è stato fatto saltare.” […]
“L’uomo che morrà oggi davanti a noi ha preso parte in qualche modo alla rivolta.” […]
“Morrà oggi sotto i nostri occhi: e forse i tedeschi non comprenderanno che la morte solitaria, la morte di uomo che gli è stata riservata, gli frutterà gloria e non infamia.
Quando finì il discorso del tedesco, che nessuno potè intendere, di nuovo si levò la prima voce rauca: -Habt ihr verstanden?- ( avete capito?)
Chi rispose “ Jawohl ”? Tutti e nessuno: fu come se la nostra maledetta rassegnazione prendesse corpo di per sé, si facesse voce collettivamente al di sopra dei nostri capi. Ma tutti udirono il grido del morente, esso penetrò le grosse antiche barriere di inerzia e di remissione, percosse il centro vivo dell’uomo in ciascuno di noi: -Kameraden, ich bin der Letzte! - ( compagni io sono l’ultimo)
Vorrei poter raccontare che di fra noi, gregge abietto, una voce si fosse levata, un mormorio, un segno di assenso. Ma nulla è avvenuto. Siamo rimasti in piedi, curvi e grigi,a capo chino, e non ci siamo scoperta la testa che quando il tedesco ce l’ha ordinato. La botola si è aperta, il corpo ha guizzato atroce; la banda ha ripreso a suonare, e noi, nuovamente ordinati in colonna, abbiamo sfilato davanti agli ultimi fremiti del morente.
Ai piedi della forca, le SS ci guardano passare con occhi indifferenti: la loro opera è compiuta, e ben compiuta. I russi possono ormai venire: non vi sono più uomini forti fra noi, l’ultimo pende ora sopra i nostri capi, e per gli altri, pochi capestri sono bastati. Possono venire i russi: non troveranno che noi domati, noi spenti, degni ormai della morte inerme che ci attende.
Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete a temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice.
Alberto ed io siamo ritornati in baracca, e non abbiamo potuto guardarci in viso. Quell’uomo doveva essere duro, doveva essere di un altro metallo del nostro, se questa condizione, da cui noi siamo stati rotti, non ha potuto piegarlo.” […]
“….abbiamo soddisfatto la rabbia quotidiana della fame, e ora ci opprime la vergogna….”.
La cosa tremenda del nostro tempo secondo me, è che almeno loro nonostante si trovassero in condizioni infernali e sottoposti alla devastazione dell’ inedia fisica e mentale , riuscivano ancora a trovare la forza di vergognarsi della propria pavidità: noi no. Per noi è la normalità, questa. Metaforicamente immagino i tedeschi come nel potere che ci opprime; appeso al capestro l’uomo che incarna l’umanità che con coraggio, nonostante le tante avversità, ha lottato per la libertà e l’emancipazione dell’essere umano dalla schiavitù e dal servilismo, e noi li a guardare impotenti cercando nonostante tutto di salvarci individualmente perché ciò che conta è apparire e avere soldi: il mito della salvezza individuale. I russi, incarnerebbero nell'immaginario, tutti coloro che cercano di svegliarci dal torpore.
Allora la salvezza individuale visto le estreme condizioni, era giustificabile, anche se Primo Levi diceva di sentirsi in colpa per l’essere sopravvissuto, oggi no.
Quel capestro è li, davanti a noi, a simboleggiare il nostro fallimento storico, l’aver venduto la più grande ricchezza chiamata vita, in cambio di illusioni. Almeno troviamo il coraggio di vergognarci di questo.
“ Il mese scorso, uno dei crematori di Birkenau è stato fatto saltare.” […]
“L’uomo che morrà oggi davanti a noi ha preso parte in qualche modo alla rivolta.” […]
“Morrà oggi sotto i nostri occhi: e forse i tedeschi non comprenderanno che la morte solitaria, la morte di uomo che gli è stata riservata, gli frutterà gloria e non infamia.
Quando finì il discorso del tedesco, che nessuno potè intendere, di nuovo si levò la prima voce rauca: -Habt ihr verstanden?- ( avete capito?)
Chi rispose “ Jawohl ”? Tutti e nessuno: fu come se la nostra maledetta rassegnazione prendesse corpo di per sé, si facesse voce collettivamente al di sopra dei nostri capi. Ma tutti udirono il grido del morente, esso penetrò le grosse antiche barriere di inerzia e di remissione, percosse il centro vivo dell’uomo in ciascuno di noi: -Kameraden, ich bin der Letzte! - ( compagni io sono l’ultimo)
Vorrei poter raccontare che di fra noi, gregge abietto, una voce si fosse levata, un mormorio, un segno di assenso. Ma nulla è avvenuto. Siamo rimasti in piedi, curvi e grigi,a capo chino, e non ci siamo scoperta la testa che quando il tedesco ce l’ha ordinato. La botola si è aperta, il corpo ha guizzato atroce; la banda ha ripreso a suonare, e noi, nuovamente ordinati in colonna, abbiamo sfilato davanti agli ultimi fremiti del morente.
Ai piedi della forca, le SS ci guardano passare con occhi indifferenti: la loro opera è compiuta, e ben compiuta. I russi possono ormai venire: non vi sono più uomini forti fra noi, l’ultimo pende ora sopra i nostri capi, e per gli altri, pochi capestri sono bastati. Possono venire i russi: non troveranno che noi domati, noi spenti, degni ormai della morte inerme che ci attende.
Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete a temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice.
Alberto ed io siamo ritornati in baracca, e non abbiamo potuto guardarci in viso. Quell’uomo doveva essere duro, doveva essere di un altro metallo del nostro, se questa condizione, da cui noi siamo stati rotti, non ha potuto piegarlo.” […]
“….abbiamo soddisfatto la rabbia quotidiana della fame, e ora ci opprime la vergogna….”.
La cosa tremenda del nostro tempo secondo me, è che almeno loro nonostante si trovassero in condizioni infernali e sottoposti alla devastazione dell’ inedia fisica e mentale , riuscivano ancora a trovare la forza di vergognarsi della propria pavidità: noi no. Per noi è la normalità, questa. Metaforicamente immagino i tedeschi come nel potere che ci opprime; appeso al capestro l’uomo che incarna l’umanità che con coraggio, nonostante le tante avversità, ha lottato per la libertà e l’emancipazione dell’essere umano dalla schiavitù e dal servilismo, e noi li a guardare impotenti cercando nonostante tutto di salvarci individualmente perché ciò che conta è apparire e avere soldi: il mito della salvezza individuale. I russi, incarnerebbero nell'immaginario, tutti coloro che cercano di svegliarci dal torpore.
Allora la salvezza individuale visto le estreme condizioni, era giustificabile, anche se Primo Levi diceva di sentirsi in colpa per l’essere sopravvissuto, oggi no.
Quel capestro è li, davanti a noi, a simboleggiare il nostro fallimento storico, l’aver venduto la più grande ricchezza chiamata vita, in cambio di illusioni. Almeno troviamo il coraggio di vergognarci di questo.
Commenti
Il pensiero unico ha vinto, e nulla ha più da temere da gente che discute sempre e solo sulla forma e mai sulla sostanza cercando un cambiamento radicale.
Sempre, e ci tengo a ripeterlo, tenendo conto con rispetto dei morti e del dramma di milioni di persone costrette ad abbandonare i propri affetti e le proprie case.
ha ragione, qualche speranza c'è ancora.
Pensando a questi due post insieme, mi chiedo se a insegnarci il coraggio della vergogna e la dignità di non accettare il sacrificio della nostra vita attraverso l'omertà e l'egoismo disumano alla fine non saranno proprio gli ultimi, coloro che nell'alzare il capo e nel ribellarsi non temono nulla di più di quanto rischiano già ogni giorno nel subire, subire sempre senza reagire.
Verrebbe comodo immaginarli dei disperati che comunque vada non hanno niente da perdere, ma sarebbe sbagliato: essi sono forse gli unici rimasti a credere davvero nel riscatto dalla propria condizione, e a dimostrare di saperselo guadagnare.
Vorrei dire qualche parola di speranza ma non ne ho in questo momento
baci
^___________^
il coraggio di vergognarci lo hanno solo coloro che riflettono col cuore gli altri non avendolo non ci pensano neanche!!!
buona domenica!!!
Attraverso una sapiente manipolazione del'immaginario collettivo che dura da decenni, sono riusciti a far vivere la persona in un'illusione che la fa credere al centro dell'attenzione.
Qua non ci si vergogna più di niente! Ed i primi a mostrarcelo sono gli dei della politica: farneticano su tutto, salvo poi dimenticare i temi importanti. Ma non so se sia cambiato realmente qualcosa dai tempi di tangentopoli. Credo, forse, che abbiano affinato la tecnica(grazie anche a qualche leggina ad hoc).
Temo abbia ragione Grillo quando dice che non sarà un cambiamento indolore, il cambiamento che necessariamente dovrà avvenire.
'Notte_
Roby
P.S.
Meraviglioso e tremendo libro.
"Mi mancano...E ancora di più quando guardo quelli della mia generazione. Bolsi, arroganti, disposti a ogni compromesso. Sensa dignità. Mi fanno incazzare, perchè a rimpiangere i vecchi ci si sente vecchi. Lo sai che ho sempre disprezzato l'elogio dei "bei tempi", che in realtà non ci sono mai stati...Ma questa mollezza che ci circonda, proprio non la sopporto"
Dato che in Italia chi ha fatto cose vergognose non è stato punito, e bada bene, non dico giudicato, che nessuno può essere giudice di nesuno e tutto può essere giustificato, ma punito come dovrebbe essere, si è creata nella gente l'idea che tutto può essere fatto tanto non ha nessuna conseguenza, men che meno la dignità, tanto qui anche i corrotti, gli assassini, i delinquenti sono anche elogiati, sono ricchi e hanno successo (e ne vogliamo parlare della commemorazione di Craxi di questi gg? Ce lo siamo scordati che rubava e che è scappato per non andare in galera? Ma meglio 1000 Cusani, con tanto di fedina penale sporca!!!!).
Detto questo io mi vergogno, e tanto, anche degli errori che faccio io, che parlo, mi danno, ma poi non so realmente cosa fare, visto che devo badare a far quadrare il bilancio e educare i miei bambini alla vita, oltre che tentare di salvaguardare il mio cuore e tutto il resto.
E forse mi vergogno proprio perchè un'etica ce l'ho ancora o forse è solo illusione?
Ma ne vale la pena ancora avere un' etica?
Un abbraccio pessimista ( me non per te che sei uno che se ha i dubbi allora un'anima ce l'ha ancora)