Federalismo
Leggiamo dal dizionario, che Federalismo significa “unirsi con patto” cioè stare insieme sancito da regole condivise. Ma il cosiddetto federalismo fiscale che il governo Berlusconi, spinto da uno dei suoi principali alleati - la Lega nord – cerca di realizzare, non sembra proprio andare verso quell’intenzione.
Il partito di Bossi ha sempre dichiarato di voler separare il nord Italia, secondo lui ricco e industriale, dal sud, parassitario e povero, e per far questo ora cerca di arrivare ad un’autonomia finanziaria regionale e comunale (federalismo fiscale).
Il problema però è più complicato, perché non si capisce quanta autonomia reale possano avere le amministrazioni locali, in quanto da una parte potranno aumentare le tasse ma dall’altra saranno ancora maggiormente ridotti i finanziamenti del governo centrale verso regioni e comuni.
Questa drastica riduzione di fondi, non dimentichiamolo, sta già adesso obbligando le amministrazioni locali a vendere i propri beni (che sono di tutto il popolo) per poter vivere.
Quindi, si continuerà a privatizzare indirettamente i beni pubblici (anche quelli demaniali), come spesso accade a prezzi sottostimati, per cercare di trovare quei fondi che lo stato liberista più non eroga.
Inoltre, visto che le tasse statali non saranno certo abolite, molto probabilmente si arriverà ad un aumento delle tasse (statali, regionali, comunali) per far fronte alle spese di amministrazione.
Ci si permetta anche una forse maliziosa domanda: come faranno poi, nell’Italia campione del mondo dell’evasione e dell’elusione fiscale questi poveri enti locali, relativamente o veramente piccoli (regioni e comuni) ad imporre il pagamento di tasse e imposte a potenti enti economici privati con interessi sovranazionali che magari hanno sede nei loro territori, visto che tale ingrato e faticoso compito non riesce nemmeno allo stato sovrano italiano?
Per la Lega, avendo sostanzialmente poggiato l’azione politica su questo obiettivo, la questione del federalismo è cruciale per la tenuta del proprio elettorato. Di conseguenza si vede un governo che, cercando di accontentare tutti, si barcamena in una riforma che finisce per non accontentare nessuno. Se analizziamo la questione globale, la situazione è drammatica: crisi economica tutt’altro che passata, alla quale si aggiungono crisi energetica , alimentare ed ambientale. In questo contesto, dove possiamo asserire con assoluta tranquillità che l’epoca delle vacche grasse è finita ( è impensabile continuare con un sistema fondato sull’accumulo di debiti ) ci viene capziosamente detto che la questione del federalismo è cruciale per una qualche improbabile ripresa economica. Se da un lato siamo certo d’accordo sulla necessità di preservare le nostre radici culturali, dall’altro dobbiamo confrontarci con un sistema globalizzante che fa proprio di queste caratteristiche parole vuote. Infatti la globalizzazione capitalista, con il suo pensiero unico, sta distruggendo tradizioni locali millenarie tutte sacrificate sull’altare del consumismo e di quelle mode che ci vengono imposte, subdolamente e non, dall’alto. Ciò che Marx chiamava genocidio culturale. Pur condividendo questa necessità quindi, non possiamo permetterci che ciò diventi motivo di scontro e competizione tra le diverse parti del Paese, perché questo si tramuterebbe in impoverimento per tutti. Inoltre non si capisce perché, continuano a dirci che per essere competitivi servono le grandi aziende, per poi avere come obiettivo la frammentazione economica nazionale. E non si comprende cosa significhi quel “padroni in casa nostra”, quando non possedendo come Stato nemmeno la moneta circolante – di proprietà di enti non democratici perché i consigli direttivi non sono eletti dai popoli - siamo vincolati nella spesa pubblica. A nostro parere quindi, tenendo conto dell’alto debito pubblico di alcune realtà locali ( anche grazie a qualche azzardo finanziario tipo i derivati, che poi si tramutano costantemente in perdite), questa misura sembra fallace nel senso che porterebbe molti comuni sul lastrico, costringendoli ad ulteriori svendite di beni pubblici e quindi a perdite per la collettività, con grandi gruppi finanziari nazionali ed internazionali che farebbero sottobanco spesa di basso costo. E dove sarebbe la sovranità in tutto questo? Solo in un contesto di sovranità monetaria, cioè nel quale lo stato potesse gestire il proprio debito pubblico, sarebbe auspicabile un federalismo realmente utile a preservare le differenti realtà locali. Tutto il resto vuol dire strumentalizzare le differenze, utile solo nell’immediato a racimolare qualche manciata di voti. E tutti noi stiamo vedendo dove questo ci sta portando.
Gazoldo a Sinistra
Leggiamo dal dizionario, che Federalismo significa “unirsi con patto” cioè stare insieme sancito da regole condivise. Ma il cosiddetto federalismo fiscale che il governo Berlusconi, spinto da uno dei suoi principali alleati - la Lega nord – cerca di realizzare, non sembra proprio andare verso quell’intenzione.
Il partito di Bossi ha sempre dichiarato di voler separare il nord Italia, secondo lui ricco e industriale, dal sud, parassitario e povero, e per far questo ora cerca di arrivare ad un’autonomia finanziaria regionale e comunale (federalismo fiscale).
Il problema però è più complicato, perché non si capisce quanta autonomia reale possano avere le amministrazioni locali, in quanto da una parte potranno aumentare le tasse ma dall’altra saranno ancora maggiormente ridotti i finanziamenti del governo centrale verso regioni e comuni.
Questa drastica riduzione di fondi, non dimentichiamolo, sta già adesso obbligando le amministrazioni locali a vendere i propri beni (che sono di tutto il popolo) per poter vivere.
Quindi, si continuerà a privatizzare indirettamente i beni pubblici (anche quelli demaniali), come spesso accade a prezzi sottostimati, per cercare di trovare quei fondi che lo stato liberista più non eroga.
Inoltre, visto che le tasse statali non saranno certo abolite, molto probabilmente si arriverà ad un aumento delle tasse (statali, regionali, comunali) per far fronte alle spese di amministrazione.
Ci si permetta anche una forse maliziosa domanda: come faranno poi, nell’Italia campione del mondo dell’evasione e dell’elusione fiscale questi poveri enti locali, relativamente o veramente piccoli (regioni e comuni) ad imporre il pagamento di tasse e imposte a potenti enti economici privati con interessi sovranazionali che magari hanno sede nei loro territori, visto che tale ingrato e faticoso compito non riesce nemmeno allo stato sovrano italiano?
Per la Lega, avendo sostanzialmente poggiato l’azione politica su questo obiettivo, la questione del federalismo è cruciale per la tenuta del proprio elettorato. Di conseguenza si vede un governo che, cercando di accontentare tutti, si barcamena in una riforma che finisce per non accontentare nessuno. Se analizziamo la questione globale, la situazione è drammatica: crisi economica tutt’altro che passata, alla quale si aggiungono crisi energetica , alimentare ed ambientale. In questo contesto, dove possiamo asserire con assoluta tranquillità che l’epoca delle vacche grasse è finita ( è impensabile continuare con un sistema fondato sull’accumulo di debiti ) ci viene capziosamente detto che la questione del federalismo è cruciale per una qualche improbabile ripresa economica. Se da un lato siamo certo d’accordo sulla necessità di preservare le nostre radici culturali, dall’altro dobbiamo confrontarci con un sistema globalizzante che fa proprio di queste caratteristiche parole vuote. Infatti la globalizzazione capitalista, con il suo pensiero unico, sta distruggendo tradizioni locali millenarie tutte sacrificate sull’altare del consumismo e di quelle mode che ci vengono imposte, subdolamente e non, dall’alto. Ciò che Marx chiamava genocidio culturale. Pur condividendo questa necessità quindi, non possiamo permetterci che ciò diventi motivo di scontro e competizione tra le diverse parti del Paese, perché questo si tramuterebbe in impoverimento per tutti. Inoltre non si capisce perché, continuano a dirci che per essere competitivi servono le grandi aziende, per poi avere come obiettivo la frammentazione economica nazionale. E non si comprende cosa significhi quel “padroni in casa nostra”, quando non possedendo come Stato nemmeno la moneta circolante – di proprietà di enti non democratici perché i consigli direttivi non sono eletti dai popoli - siamo vincolati nella spesa pubblica. A nostro parere quindi, tenendo conto dell’alto debito pubblico di alcune realtà locali ( anche grazie a qualche azzardo finanziario tipo i derivati, che poi si tramutano costantemente in perdite), questa misura sembra fallace nel senso che porterebbe molti comuni sul lastrico, costringendoli ad ulteriori svendite di beni pubblici e quindi a perdite per la collettività, con grandi gruppi finanziari nazionali ed internazionali che farebbero sottobanco spesa di basso costo. E dove sarebbe la sovranità in tutto questo? Solo in un contesto di sovranità monetaria, cioè nel quale lo stato potesse gestire il proprio debito pubblico, sarebbe auspicabile un federalismo realmente utile a preservare le differenti realtà locali. Tutto il resto vuol dire strumentalizzare le differenze, utile solo nell’immediato a racimolare qualche manciata di voti. E tutti noi stiamo vedendo dove questo ci sta portando.
Gazoldo a Sinistra
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