Da tempo mi interrogo, su come cambiare, sul cosa sia possibile fare per uscire dai tentacoli di questo sistema che ci impoverisce economicamente, umanamente e culturalmente. L'Italia è la settimana economia mondiale, fulcro dell'impero, perciò uno dei punti nevralgici: cambiare qui vuol dire infliggere un duro colpo alla situazione mondiale. Cade L'Italia, cade l'Europa e di conseguenza il castello di carta mondiale: per questo sono fermamente convinto che non permetteranno, nonostante l'alto debito pubblico, l'uscita italiana dai giochi internazionali.
In questi giorni assistiamo a rivoluzioni, manifestazioni di piazza, con il rischio che tutto questo pur cambiando le formalità ( e lo stiamo vedendo in Egitto, dove tutti chiedono una transizione ordinata, mettendo nei posti chiave uomini già prescelti dal potere), non cambi poi il sostanziale. E con la rivoluzione si muore, chi è disposto oggi a fare questo nelle società occidentali? Ma soprattutto, è possibile che non esistano metodi differenti? Nel feticismo della soggettività odierno, come qualcuno lo chiama, è possibile che non ci sia un qualcosa che possiamo realmente scegliere? Si...non farsi consumare dal consumismo, e non per la condizione di impoverimento, ma come scelta. Sono ormai convinto, e le mie scelte giornaliere vanno in questa direzione, che l'unica rivoluzione possibile per cambiare veramente, e senza spargimento di sangue, sia consumare meno. Perchè un sistema basato sul fagocitare compulsivamente qualunque cosa, lo si sconfigge solo con la sobrietà, creando un paradigma culturale diverso. Come scelta, e non come obbligo, facendo nostro questo detto: " Socrate andava al mercato, per capire quante cose non gli servissero." Ormai la repressione del dissenso è fortissima, andare in piazza per quanto continuerò a farlo, può voler dire prendere manganellate ( e chi era a Genova si ricorda). Ma chi può obbligarmi a consumare? Nessuno, tra gli scaffali di un supermercato, può coattivamente indurti a consumare. E questo significa uscire dai bisogni indotti, da quel martellamento mediatico per cui se non sei portatore di un determinato status simbol, ineluttabilmente cadi nel baratro degli esclusi; non ascoltare qualla vocina interiore, indotta, che ti porta nei momenti in cui senti maggiormente il vuoto esistenziale, a consumare per cercare di colmare quel vuoto. Lo so, non ho detto niente di nuovo molto probabilmente, ma è l'unico modo per cercare di mitigare la catastrofe che si presenta all'orizzonte. Il paese dei balocchi è finito, e il pensare di fare i ricchi con i debiti mettendo al centro come unico valore il possesso, sta portando alla rovina l'intera società economicamente ed umanamente. Cerchiamo almeno di non essere vittime ma coevo carnefici di noi stessi. Loro vincono, soprattutto perchè noi seguiamo i valori di riferemento che ci hanno imposto, come unici possibili.
In questi giorni assistiamo a rivoluzioni, manifestazioni di piazza, con il rischio che tutto questo pur cambiando le formalità ( e lo stiamo vedendo in Egitto, dove tutti chiedono una transizione ordinata, mettendo nei posti chiave uomini già prescelti dal potere), non cambi poi il sostanziale. E con la rivoluzione si muore, chi è disposto oggi a fare questo nelle società occidentali? Ma soprattutto, è possibile che non esistano metodi differenti? Nel feticismo della soggettività odierno, come qualcuno lo chiama, è possibile che non ci sia un qualcosa che possiamo realmente scegliere? Si...non farsi consumare dal consumismo, e non per la condizione di impoverimento, ma come scelta. Sono ormai convinto, e le mie scelte giornaliere vanno in questa direzione, che l'unica rivoluzione possibile per cambiare veramente, e senza spargimento di sangue, sia consumare meno. Perchè un sistema basato sul fagocitare compulsivamente qualunque cosa, lo si sconfigge solo con la sobrietà, creando un paradigma culturale diverso. Come scelta, e non come obbligo, facendo nostro questo detto: " Socrate andava al mercato, per capire quante cose non gli servissero." Ormai la repressione del dissenso è fortissima, andare in piazza per quanto continuerò a farlo, può voler dire prendere manganellate ( e chi era a Genova si ricorda). Ma chi può obbligarmi a consumare? Nessuno, tra gli scaffali di un supermercato, può coattivamente indurti a consumare. E questo significa uscire dai bisogni indotti, da quel martellamento mediatico per cui se non sei portatore di un determinato status simbol, ineluttabilmente cadi nel baratro degli esclusi; non ascoltare qualla vocina interiore, indotta, che ti porta nei momenti in cui senti maggiormente il vuoto esistenziale, a consumare per cercare di colmare quel vuoto. Lo so, non ho detto niente di nuovo molto probabilmente, ma è l'unico modo per cercare di mitigare la catastrofe che si presenta all'orizzonte. Il paese dei balocchi è finito, e il pensare di fare i ricchi con i debiti mettendo al centro come unico valore il possesso, sta portando alla rovina l'intera società economicamente ed umanamente. Cerchiamo almeno di non essere vittime ma coevo carnefici di noi stessi. Loro vincono, soprattutto perchè noi seguiamo i valori di riferemento che ci hanno imposto, come unici possibili.
Commenti
Io sono considerata per esempio una illusa retrograda quando non mi piego alle regole del mercato e non è facile neanche per i miei figli.
Aggiungerei quindi alla sobrietà la resistenza e la convinzione che dell progressi che viviamo alcune cose sono importanti e altre no. Non possiamo tornare indietro ma avanti possiamo migliorare le cose.
Un affettuoso saluto sempre; la tua lucidità di analisi e mediazione tra passato e presente è stupenda.
Straordinaria quanto anche veritiera sintesi della realtà di oggi.
Purtroppo anche chi a livello politico dovrebbe fare opposizione segue quel canovaccio da te indicato ahimé nella tua frase che ho riportato, anzi secondo me non hanno neanche tutta questa voglia di vincere per governare. Non credo siano interessati a trovarsi questa patata bollente tra le mani.
E questa, purtroppo, é una questione molto drammatica ed alquanto spinosa perché getta il Paese in un baratro e di fronte al nulla e senza apparenti alternative al dramma di altri cinque anni del Cav...
Ciao, Marco. Condivido in pieno tutto quello che scrivi.