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Ecco il volto che lascia senza parole, che esprime perfettamente chi sono le vittime. Non mi spingo in analisi politiche storiche: ormai sono stanco, forse sbagliando, di ripetere le stesse cose. Qui abbiamo uno degli eserciti più forti al mondo che invade una terra, un popolo costretto a subire l'ingiustizia della propria Storia.
Questa è la testimonianza di Vittorio Arrigoni. La pubblico perchè nessuno, e dico nessuno, possa dire un giorno "io non sapevo".
Diario da Gaza, un giorno in ambulanza
«Alla gente innocente di Gaza: la nostra guerra non è contro di voi ma contro Hamas, se non la smettono di lanciare razzi voi vi troverete in pericolo». E' la trascrizione di una registrazione che è possibile ascoltare rispondendo al telefono queste ore a Gaza. L'esercito israeliano la sta diffondendo illudendosi che i palestinesi non abbiano occhi e orecchi. Occhi per vedere che le bombe colpiscono quasi esclusivamente obiettivi civili, come moschee (15, l'ultima quella di Omar Bin Abd Al Azeez di Beit Hanoun) scuole, università, mercati, ospedali. Orecchie per non udire le urla di dolore e terrore dei bambini, vittime innocenti e eppure predestinate di ogni bombardamento. Secondo fonti ospedaliere, nel momento in cui sto scrivendo sono 120 i minori rimasti uccisi sotto le bombe, su un totale di 548 morti, più di 2700 feriti, decine e decine di dispersi.Due giorni fa all'ospedale della mezzaluna rossa nel campo profughi di Jabalia, la notte non è mai calata. Dal cielo gli elicotteri Apache hanno lanciato ordigni illuminanti in continuazione, tanto da non farci accorgere di una qualche differenza tra giorno e notte. Il cannoneggiare ripetuto di un tank posto a meno di un chilometro dall'ospedale ha crepato seriamente le mura dell'edificio, ma abbiamo resistito fino alla mattina. Verso le 10 circa, bombe sul campo incolto adiacente all'edificio, fuoco di mitragliatrice tutt'attorno: per i medici della mezzaluna rossa quello era un messaggio dell'esercito rivolto a noi -evacuazione immediata, pena la vita. Abbiamo trasferito i feriti in altre strutture ospedaliere e ora la base operativa delle ambulanze è sulla strada di Al Nady, il personale medico sta seduto sui marciapiedi in attesa delle chiamate, che si susseguono febbrilmente. Per la prima volta dall'inizio dell’attacco israeliano ho visto negli ospedali dei cadaveri di membri della resistenza palestinese. Un numero piccolo, di fronte alle centinaia di vittime civili, che dopo l'invasione di terra si sono moltiplicate esponenzialmente. Dopo l'attacco alla moschea di Jabalia (coinciso con l'entrata dei tank) che ha causato 11 morti e una cinquantina di feriti, per tutta la notte di sabato scortando le ambulanze ci siamo resi conto della tremenda potenza distruttiva dei proiettili sparati dagli israeliani. A Bet Hanoun una famiglia che si stava scaldando nella propria casa dinnanzi ad un fornellino a legna è stata colpita da uno di questi micidiali colpi di cannone. Abbiamo raccolto 15 feriti, 4 casi disperati. Poi verso le 3 del mattino abbiamo risposto ad una chiamata d'emergenza: troppo tardi, davanti alla porta di un'abitazione tre donne in lacrime ci hanno messo in braccio una bambina di quattro anni avvolta da un lenzuolo bianco, il suo sudario, era già gelida. Ancora una famiglia colpita in pieno, questa volta dall'aviazione, a Jabalia, due adulti con in corpo schegge di esplosivo. I due figli hanno riportato ferite lievi, ma da come strillavano era evidente il trauma psicologico che stavano vivendo, qualcosa che li segnerà indelebilmente per tutta la vita più di uno sfregio su una guancia. Anche se nessuno si ricorda di citarli, sono migliaia i bambini afflitti da gravi turbe mentali procurate dal terrore dei continui bombardamenti, o peggio dalla vista dei genitori e dei fratellini dilaniati dalle esplosioni.I crimini di cui si sta macchiando Israele in queste ore vanno oltre i confini dell'immaginabile. I soldati non ci permettono di andare a soccorrere i superstiti di questa immensa catastrofe innaturale. Quando i feriti si trovano in prossimità dei mezzi blindati israeliani che li hanno attaccati, a noi sulle ambulanze della mezzaluna rossa non è concesso avvicinarci, i soldati ci bersagliano di colpi. Avremmo bisogno della scorta di almeno un'ambulanza della croce rossa, in coordinamento con i comandi militari israeliani, per poter correre a cercare di salvare vite: provate a immaginare quanto tempo porterebbe via una procedura del genere, una condanna a morte certa per dei feriti in attesa di trasfusioni o di trattamenti di emergenza. Tanto più che la croce rossa ha i suoi di feriti a cui pensare, non potrebbe in nessun modo rendersi disponibile ad ogni nostra chiamata. Ci tocca allora stazionare in una zona «protetta», eufemismo qui a Gaza, e attendere che i parenti ci portino i congiunti moribondi, spesso in spalla.Così è andata verso le 5.30 di stamane, abbiamo arrestato col motore acceso l'ambulanza al centro di un incrocio e indicato tramite telefono la nostra posizione ad uno dei parenti dei feriti. Dopo una decina di minuti di snervante attesa, quando aveva già deciso di ingranare la marcia ed evacuare l'area per andare a rispondere ad un'altra chiamata, abbiamo visto girare l'angolo e dirigersi verso di noi, lentamente, un carretto carico di persone sospinto da un mulo. Una coppia con i suoi due figlioletti. La migliore rappresentazione possibile di questa non-guerra.Questa non è una guerra perché non ci sono due eserciti che si danno battaglia su un fronte; è un assedio unilaterale condotto da forze armate (aviazione, marina, ed esercito) fra le più potenti del mondo, sicuramente le più avanzate in fatto di equipaggiamento militare tecnologico, che hanno attaccato una misera striscia di terra di 360 kmq, dove la popolazione si muove ancora sui muli e dove c'è una resistenza male armata la cui unica forza è quella di essere pronta al martirio.Quando il carretto si è fatto abbastanza vicino gli siamo andati incontro, e con orrore abbiamo scoperto il suo macabro carico. Un bimbo stava sdraiato con il cranio fracassato, gli occhi letteralmente saltati fuori dalle orbite, lo abbiamo raccolto che ancora respirava. Il suo fratellino invece presentava il torace sventrato, gli si potevano distintamente contare le costole bianche oltre i brandelli di carne lacera. La madre teneva poggiate le mani sul quel petto scoperchiato, come se cercasse di aggiustare qualcosa.Un ulteriore crimine, e nostro ennesimo personale lutto. L'esercito israeliano continua a prendere di mira le ambulanze. Dopo il dottore e l'infermiere morti a Jabalia 4 giorni fa, ieri è toccato ad un nostro amico, Arafa Abed Al Dayem, 35 anni, che lascia 4 figli. Verso le otto e mezza di ieri mattina abbiamo ricevuto una chiamata da Gaza city, due civili falciati dalla mitragliatrice di un tank; una delle nostre ambulanze della mezzaluna rossa è accorsa sul posto. Arafa e un infermiere hanno caricato i due ferti sull'ambulanza, hanno chiuso gli sportelli pronti a correre verso l'ospedale, quando sono stati centrati in pieno da un proiettile sparato da un carro armato. Il colpo ha decapitato uno dei feriti e ha ucciso anche il nostro amico; l’infermiere se l'è cavata ma è ora ricoverato nello stesso ospedale dove lavora. Arafa, maestro elementare, si offriva come volontario paramedico quando c'era carenza di personale. Siamo sotto una pioggia di bombe, nessuno se l'era sentita di chiamarlo in una situazione di così alto rischio.Arafa si era presentato da solo, e lavorava conscio dei pericoli, convinto che oltre la sua famiglia c'erano anche altri essere umani da difendere, da soccorrere. Ci mancano le sue burle, il suo irresistibile e contagioso sense of huomor che rallegrava l'intero ospedale Al Auda di Jabalia anche nelle sue ore più cupe e drammatiche, quando sono più i morti e i feriti che confluiscono, e ci sente quasi colpevoli, inutili per non aver potuto fare qualcosa per salvarli, schiacciati come siamo da una forza micidiale inesorabile, la macchina di morte dell'esercito israeliano. Qualcuno deve arrestare questa carneficina, ho visto cose in questi giorni, udito fragori, annusato miasmi pestiferi, che se avessi mai un giorno una mia progenia, non avrò mai il coraggio di tramandare.
C'è qualcuno là fuori? la desolazione del sentirsi isolati nell'abbandono è pari alla veduta di un quartiere di Gaza dopo un'abbondante campagna di raid aerei. Sabato sera mi hanno passato al telefono la piazza di Milano in protesta, ho passato a mia volta il cellulare agli eroici dottori e infermieri con cui stiamo lavorando, li ho visto rincuorarsi per un breve attimo. Le manifestazioni in tutto il mondo dimostrano che esiste ancora qualcuno in cui credere, ma le manifestazioni non sono ancora abbastanza partecipate per esercitare quella pressione necessarie affinché i governi occidentali costringano Israele in un angolo, ad assumersi le sue responsabilità come criminale di guerra e contro l'umanità. Moltissime le donne gravide terrorizzate che in queste ore stanno dando alla luce figli frutti di parti prematuri. Ne ho accompagnate personalmente tre a partorire. Una di queste, Samira, al settimo mese, ha dato alla luce uno splendido minuscolo bimbo di nome Ahmed. Correndo con lei a bordo verso l'ospedale di Auda e lasciandoci dietro negli specchietti retrovisori lo scenario di morte e distruzione dove poco prima stavamo raccogliendo cadaveri, ho pensato per un attimo che questa vita in procinto di fiorire potesse essere il beneaugurio per un futuro di pace e speranza. L'illusione si è dissolta col primo razzo che è crollato a fianco della nostra ambulanza tornando da Auda al centro di Jabalia. Queste madri coraggio mettono tristemente al mondo creature le quali assorbono come prima luce nei loro occhi, nient'altro oltre il verde militare dei tanks e delle jeeps e i lampi intermittenti che precedono le esplosioni. Quali prospettive di vita attendono bimbi che fin dal primo istante della loro nascita avvertono sofferenza e urla di disgrazia?
restiamo umani.
Vittorio Arrigoni
Fonte Il Manifesto.
Commenti
In realtà, solidarietà e indignazione non sono mai servite a molto, non quando persone innocenti continuano a morire. Cosa possiamo fare, cosa??
L'immobolità del resto del mondo, il silenzio, questo è terrorizzante. Stanno tutti a guardare, nessuno muove il culo, nessuno. Questo è terrorizzante.
:*-(
Una mattanza senza fine...
http://cristianbelcastro.blogspot.com
ciao
Anche nei nostri giudizi, chissà dove finisce la verità e dove comincia l'ideologia...
La foto che hai messo - nonostante nemmeno noi siamo stati leggeri - mi angoscia. Non ho paura di scadere nella retorica: il mio cuore di mamma sanguina e la cosa più triste è che mi sento perfettamente inutile... ed impotente.
Pietro: la MIA ideologia finisce esattamente di fronte a questo bimbo terrorizzato. Non mi interessa chi è, che religione segue, cosa fanno i suoi: penso solo che, come TUTTI i bimbi del mondo, dovrebbe avere il diritto di conoscere solo la pace ed il calore di una famiglia - non quello delle bombe.
Sarà utopia, saranno fantasticherie materne... ma che ci stiamo a fare al mondo, a massacrare il nostro prossimo per arriccchire i soliti noti? No.
Io non ci sto.
Vuoi anche tu per caso affermare che l'azione di Israele sia da intendere come "legittima difesa", come reazione ai lanci dei missili di Hamas?
No, non si tratta di questo. Perchè c'è una carneficina in corso e nessuno fino ad ora (a parte Israele guarda caso) ha avuto il coraggio di chiamarla GUERRA.
Per favore, lasciamo perdere il torto e la ragione. Il mondo dovrebbe chiedere conto e spiegazione (la ragione è inutile cercarla) dei massacri di civili che Israele miete ora dopo ora.
Gli ultimi? I 40 morti di una scuola dell'ONU.
Una scuola dell'Onu cazzo!
E cosa ha risposto il portavoce dell'esercito israeliano? "Noi non abbiamo bisogno di dare giustificazioni".
La morte, l'assassinio, l'orrore non è una questione ideologica. E' una questione morale.
Iop l'ho gia detto nel mio ultimo post quello che penso....
No Questa storia nn puo andare avanti...speriamo che Il resto del mondo s'impegni di piu affinche finisca questa tragedia
Questa è la domanda.
La risposta?
Scusa, ma è un mio amaro sfogo. Siamo tutti imprigionati, e il problema è che le sbarre le mettiamo noi stessi!
E gli Italiani che stanno al Palazza stanno a guardare, come al solito, mordendosi l'un l'altro.
Un abbraccio a capo chino, e se permetti io prego, almeno forse lassù qualcuno potrà ascoltare, che quaggiù sono urla nel silenzio.
ad oggi 850 civili morti mentre in Italia si discute di quanto sia grave bruciare bandiere di Israele...
io sinceramente non riesco a comprendere perché l'esercito di israele ha perso la misura.
è un po' come se un cecchino sparasse da un grattacielo pieno di civili e io per risposta distruggessi tutto il grattacielo con relativi civili innocenti.
è un po' quello che accade in palestina.
a fronte di 23 morti israeliani ecco la vendetta covare
850 morti di cui 250 bambini. la punizione inflitta a chi non ha colpe.
se poi vado in qualche sito israeliano si esprime solidarietà ad israele sputando quindi sulla vita di chi muore senza una patria, senza un perché...
qui non si tratta di olocausto ma si tratta di diritto alla vita.
da quando israele si arroga il diritto di decidere chi deve vivere e chi morire?
l'olocausto tanto sbandierato oggi gli ha dato questo diritto?
mio zio è stato in un campo di concentramento in jugoslavia per 14 mesi ed era cattolico ha rischiato di morire ma non si è arrogato il diritto di uccidere, nessuno può farlo.
in Israele lo fanno forse?
oppure gli piace farsi odiare.
se vogliono vincere il terrorismo hanno sbagliato tutto. così lo alimentano e alimentano l'odio e dall'odio nasce il razzismo..
peccato non capirlo.